VILLE DI DELIZIA

La Nobiltà rivaluta la campagna

La rivalutazione della campagna iniziò nel XV secolo, quando si diffusero con gli Sforza, gli edifici rurali con funzioni di cura dei poderi e casini di caccia collegati ad aree boschive.

Nel secolo successivo si vedono gli edifici rurali tramutarsi in ville dignitose, ma mai sfarzose: granai, magazzini, stalle occupavano gli spazi contigui della residenza padronale, usata effettivamente dai signori per la gestione delle terre.

Terre che si accrebbero sotto gli Spagnoli che scambiavano feudi in cambio di denaro. Infatti rispetto al palazzo di città, la villa si prestava ad esprimere più efficacemente il fasto e l’importanza sociale del casato e a legittimarlo come nuova nobiltà.

La grande stagione delle Ville di Delizia fu la prima metà del XVIII secolo; i nobili vi si recavano nei periodi cruciali dell’agricoltura:  mietitura, raccolta dei bachi, vendemmia, vinificazione.

Sulla gestione dei fondi agricoli si innestava la ritualità del vivere in campagna, codificata dalla letteratura coeva, dai dipinti e dalle stampe: feste, cavalcate, battute di caccia, visite tra le famiglie.

La villa divenne quindi “luogo di svago, riposo per la rigenerazione fisica e morale del proprietario e, al tempo stesso, sintesi e snodo delle attività produttive del territorio, segno tangibile e visibile della proprietà fondiaria, luogo di rappresentanza del potere e di ostentazione del lusso” (R. Cassanelli, 2003).

I ceti emergenti fecero a gara per edificare residenze sontuose, ingaggiando famosi architetti e paesaggisti per parchi e giardini.

Nonostante questo, la villa non perse mai la funzione legata alla gestione dei fondi, rimanendo saldamente legata al borgo e al paesaggio agricolo.

All’inizio del XIX secolo esse persero la loro vocazione rurale, mantenendo però spesso la funzione residenziale.

Le Ville di Delizie e le Dimore Storiche con il passare del tempo sembravano destinate ad essere dimenticate ma invece, con la loro riqualificazione e il corretto uso dei grandissimi spazi verdi a loro connessi,  sono divenute una risorsa preziosa per i cittadini.

L' EREDITà DELLE DIMORE NOBILIARI DEI SECOLI PASSATI: RICCHEZZA DI OGGI

ARESE: VILLA VALERA  (VILLA RICOTTI)

La Villa, in ottimo stato è strettamente connessa con il nucleo del Borgo antico. Risale alla prima metà del Settecento ed è rimasta quasi inalterata nel corso dei secoli, conservando il suo aspetto originario che contrasta visibilmente con il fronte compatto dei capannoni della ex Alfa Romeo che la circondano. 

Il nucleo centrale, dalla caratteristica pianta ad “H”, è composto da una doppia corte, un giardino d’ingresso, un grande giardino principale e un parco: il fabbricato é circondato dall’area verde su tre Iati, mentre il lato nord confina con il nucleo del Borgo.  

Il lato esposto a mezzogiorno, su cui si aprono le numerose sale settecentesche, introduce i visitatori nel giardino all’italiana con al centro una fontana con giochi d’acqua e antichi vasi di agrumi.

Il lato verso Sud, delimitato da una preziosa galleria vegetale di carpino, ospita una coffee house in stile neo-moresco con interessanti mosaici di ciottoli.

Il Parco, esteso oltre dieci ettari, è composto da vasti prati, piccoli rilievi ed alberi antichi e rari. 

Di proprietà Lattuada Settala fino al 1811, la Villa passò con tutto il complesso agricolo alla famiglia Marietti. Durante l’ultima guerra fu acquistata dalla famiglia Ricotti che ne è l’attuale proprietaria e la abita. Visitabile in occasione di eventi culturali di notevole interesse.

IL BORGO DELLA VALERA

Il Borgo è un complesso di case, cascine e rustici, costituito da vari cortili alberati su cui si affacciano ancora oggi stalle e fienili, anche se purtroppo alcune strutture sono abbandonate e cadenti.. 

Anche se alterato dai discutibili interventi degli anni ’60, conserva numerosi angoli ricchi di suggestioni. 

Quasi in netto contrasto con le rapide trasformazioni territoriali del Comune di Arese, che ha visto fiorire il territorio di modernissimi ed eleganti villaggi residenziali, il Borgo è un chiaro esempio di com’era la struttura agricola e del rapporto esistente tra i nobili proprietari della Villa e la conduzione terriera. 

Ancora oggi la frazione di Valera gode di una ricca vita autonoma rispetto al comune di Arese. Parrocchia dal 1960, vanta una tradizione di iniziative ludiche e culturali proprie.

BOLLATE: IL CASTELLAZZO – VILLA ARCONATI E IL BORGO DEL CASTELLAZZO

Il “Castellazzo di Bollate” è un vasto e articolato complesso, unico nel milanese, comprendente il grande edificio della villa, il borgo, estesi boschi, brughiere, campi agricoli. La Villa Arconati appare come un’immagine da favola sulla Strada Statale Varesina, tra Garbagnate e Bollate raggiungibile per il Viale dei Leoni, un maestoso viale alberato con filari di carpini. Appartenuta per quasi due secoli, il Seicento e il Settecento, alla nobile famiglia degli Arconati, che attraverso notevoli investimenti resero il Castellazzo una delle ‘Ville di Delizie’ più ricche e prestigiose del Milanese, dopo varie vicissitudini, alla morte dell’ultima proprietaria, la marchesa Beatrice Crivelli, è da alcuni anni di proprietà di una società immobiliare (Fondazione Rancilio).

La Villa, splendido esempio di barocchetto lombardo, si sviluppò nel ‘600 intorno ad un nucleo più antico, ma ebbe la sua sistemazione definitiva a metà del 1700 su disegno dell’architetto Giovanni Ruggeri che al nucleo esistente, originariamente a pianta a U, con portico aperto verso il retrostante giardino, annetté il corpo sud-ovest: l’edificio padronale raggiunse cosi l’attuale conformazione con schema planimetrico ad H.

 Le sue immense e originarie ricchezze (oggetti d’arte, libri, manoscritti, spartiti musicali, mobili) sono state in gran parte vendute oppure disperse o trafugate. Ricordiamo solo il Codice Atlantico di Leonardo da Vinci, ora alla Biblioteca Ambrosiana, i bassorilievi del monumento funebre a Gaston de Foix, scolpiti da Agostino Busti, detto il Bambaja, divisi tra Musei Civici del Castello Sforzesco di Milano e Pinacoteca Ambrosiana. 

Al Castellazzo si possono ancora ammirare alcune attrattive quali la statua detta di Pompeo Magno (probabilmente raffigurante Tiberio), alta circa 3 metri e mezzo, del I sec D. C. e il grande salone “da parata” dipinto dai fratelli Galliari nella prima metà del Settecento. 

Uno dei vanti del Castellazzo sono i giardini di notevole pregio architettonico, raro esempio in Italia di giardino alla francese. Si sviluppano a sud e ad est dell’edificio principale. Di impianto formale, sono organizzati su tre assi prospettici principali da cui partono assi diagonali minori. Carpinate, berceaux, fontane e vasche arricchiscono e completano il sito che presenta frequenti edifici di arredo: le orangeries, la voliera, il teatro di Diana e quello di Pompeo.  In anni recenti è stata avviata una imponente opera di restauro, quasi ultimata nella facciata e in diverse sale interne.

Il Borgo del Castellazzo è costituito da due corti adibite alle abitazioni dei contadini e da una terza, che le circonda, a stalle e fienili. La sua storia accompagna la storia della Villa e delle famiglie aristocratiche che si sono via via succedute. 

A partire dal 1610, anno nel quale Galeazzo Arconati acquista tutta la proprietà, e soprattutto nel settecento, il borgo e un’azienda agricola all’avanguardia come risulta dal catasto di Maria Teresa d’Austria (1721). Se all’inizio del nostro secolo il borgo ha raggiunto il massimo numero di abitanti,  oltre 500 persone (vi risiedevano artigiani, lavoratori agricoli e addetti alle fornaci), attualmente i suoi abitanti sono circa 50. Alcuni di loro si dedicano alla gestione del “Maggio Castellazzese”. In questo mese si svolge la Festa Patronale con mostre di fiori e quadri, eseguiti anche da artisti famosi che hanno mantenuto il loro laboratorio in Castellazzo.

LENTATE SUL SEVESO (BIRAGO DI LENTATE):  VILLA RAIMONDI

La Villa domina con la sua imponente facciata la Comasina

Sorse nel 1630 circa a cura del Marchese Casnedi che affidò il progetto all’architetto Pier Francesco Cantoni. La sua storia si intreccia con il Risorgimento italiano: nel 1803 ne entrarono in possesso i marchesi Raimondi di Como, ferventi patrioti.

Fu occupata per sette anni dalle truppe austriache del generale Giulay dopo il fallimento della Prima Guerra di Indipendenza (1848-1849) che la distrussero e la devastarono in parte. 

Tornati a Birago nel 1859, i Raimondi ripararono i danni, ma non riuscirono a riportare la villa alla precedente magnificenza. 

Attualmente la villa è proprietà privata. L’edificio è strutturato in due corpi a U aperti rispettivamente verso le Groane a Occidente e verso il giardino. Il portico al centro del corpo mediano mette in comunicazione le due porzioni di giardino; uno scalone barocco di quattro rampe immette dal portico al piano superiore. 

Splendidi gli affreschi parietali dei discepoli del Tiepolo al primo e al secondo piano del corpo centrale, anteriore al 1740. 

Del bellissimo parco secentesco all’italiana non rimane che un impianto elaborato con terrazze digradanti, scale scenografiche  ed un’ampia esedra. Un bacino idrico alimenta fontane e giochi d’acqua il roccolo e la zona per l’uccellagione. Ciononostante il giardino appare curato, ricco di aiuole ed alberi rari, contornato da architetture rustiche e gruppi statuari a soggetto mitologico.

LENTATE SUL SEVESO: VILLA MIRABELLO

L’impatto visivo di Villa Mirabello è notevole,  posta in posizione panoramica ad ovest della Strada statale dei Giovi. 

Fatta erigere come dimora estiva nel 1756 da Gabriele Verri, padre dell’illuminista Pietro Verri, il “Mirabello” fu meta di scrittori e poeti, tra cui Giuseppe Parini e Alessandro Manzoni, che amavano la tranquillità del luogo. 

Fautori di innovazioni tecnologiche e sperimentazioni agrarie, i Verri potenziarono nella zona l’allevamento del baco da seta. 

L’edificio fu collegato ad una cascina, di recente ristrutturata e ad una filanda impiantata dai successivi proprietari, Pietro Cairati e Cipriano Odazio, industriali della seta. 

In seguito Eugenio Villoresi, artefice dell’omonimo canale realizzò anche un reparto di tessitura rimasto in funzione fino al 1918. 

La Villa ha conservato l’originario assetto architettonico con la sua caratteristica torretta belvedere e la ciminiera della filanda.

 La struttura, semplice ed elegante è circondata da un giardino novecentesco caratterizzato da vialetti in ghiaia e organizzato in settori regolari da aiuole contenenti arbusti da fiore e conifere.

 La villa è ancora oggi una residenza privata.

 

SENAGO: VILLA BORROMEO 

La splendida villa (7.000 metri quadrati), situata sulla sommità di un’altura, si rifà al barocco lombardo.

Il grande parco che circonda l’elegante complesso monumentale ospita esemplari arborei di notevoli dimensioni e diverse specie: cedri deodora, cedri del Libano, abeti, pini, tassi, magnolie, faggi ippocastani,  liriodendri, bagolari, carpini, aceri, querce e robinie.

Quella che a noi appare ora nella sua esecuzione settecentesca fu inizialmente un modesto castello acquistato nel 1630 circa  dal cardinale Federico Borromeo. Alla fine del Seicento Gilberto IV Borromeo effettuò sostanziali interventi di trasformazione sia della struttura sia del parco forse su progetto di Filippo Cagnola.

L’ultimo importante restauro fu curato dagli architetti Fausto e Giuseppe Bagatti Valsecchi dopo la II Guerra Mondiale. 

Nel 1982 la Villa venne acquistata da una Società per insediarvi la fondazione Armando Verdiglione; è così diventata un Centro Studi. Recentemente restaurata è monumento nazionale e ha riacquistato l’antico splendore; ospita un hotel a cinque stelle, un Museo ed è sede permanente di mostre d’arte e di oggetti preziosi provenienti da tutto il mondo.

foto: Di Starlight – Opera propria, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=18459620

SENAGO: VILLA CORBELLA-MARTINELLI-SIOLI

Nella seconda metà del Seicento appartenne ai Corbella per poi passare nel 1788 alla famiglia Martinelli. 

All’inizio dell’Ottocento divenne un importante centro culturale romantico, ospitò Carlo Porta, il Porro, il Romagnosi ed altri esimi  personaggi milanesi.

Acquisita nel 1822 come residenza di campagna di arcivescovi e sacerdoti dalla Curia di Milano, la Villa fu acquistata nel 1866 da Angelo Sioli che la trasformò in opificio, distruggendo in parte il giardino originario.

Nonostante le numerose trasformazioni, nella struttura richiama in modo evidente l’impianto sei-settecentesco. Persi gli affreschi originari, rimangono tuttavia sale con decorazioni di pregevole fattura e soffitti di legno a cassettoni. 

Purtroppo sono andati distrutti i magnifici giardini ottocenteschi.

Restaurata dal Comune che ne è ora proprietario, attualmente ospita gli uffici comunali della Polizia Locale, l’ufficio dei Servizi alla Persona, una sala Conferenze e una sala Mostre.

 il parco (20.000 metri quadrati) è aperto al pubblico.

SENAGO: VILLA DEGLI OCCHI

Villa settecentesca di proprietà del conte Ferdinando Po, passò successivamente alla famiglia Degli Occhi. Oggi appartiene ad una società immobiliare.

Costruita, come le classiche ville ad essa contemporanee con schema ad U, si apre a Sud verso la pianura, dominante rispetto all’abitato di Senago. 

L’ala Est ne costituiva la parte padronale con un lungo porticato aperto sulla corte interna. Strutturata su due piani oltre a quello terreno, è abbellita da una torretta belvedere di gusto romantico, mentre gli altri due, più bassi, ospitavano le scuderie, i rustici e la portineria. Poco rimane degli originali interni che sono oggi quasi totalmente distrutti, a parte gli affreschi di gusto neoclassico a tema mitologico del corpo centrale. 

Il parco all’inglese e stato per lungo tempo abbandonato. La villa è destinata a residenza privata. 

SENAGO: VILLA VERZOLO

La villa Verzolo-Monzini fu fatta costruire dalla famiglia Monzini verso la metà del 1700 con corti laterali a uso eminentemente agricolo. 

Alla metà del secolo l’edificio fu trasformato in “Villa di delizie” con uno schema planimetrico ad U, un corpo centrale destinato ad abitazione e due ali laterali per la scuderia e le dipendenze.

Una seconda fase costruttiva è ascrivibile agli inizi del Novecento quando si decise di ampliare una delle due ali prolungandola. 

Il complesso, ora di proprietà comunale e sede della biblioteca, occupa un’area di 1.225 metri quadrati. 

La villa è circondata da un parco all’inglese aperto al pubblico che nella bella stagione ospita eventi culturali, spettacoli musicali e teatrali.

SOLARO: VILLA BORROMEO D’ADDA

Nel 1854 la contessa Leopolda Kevenhüller, vedova del marchese Febo d’Adda diede l’incarico di disegnare la villa agli ingegneri Giuseppe Righetti ed Ernesto Bianchi. 

Il complesso fu ceduto al Comune nel 1988 che incaricò del restauro l’architetto Raffaele Selleri e l’ingegnere Giovanni Alberto Borghi.

La villa mostra stilemi tardo neoclassici sia nel frontone a tempio, centrale, che nella simmetrica distribuzione interna degli ambienti; la raffinata costruzione dalle linee semplici e severe riflette un tipo di cultura biedermeier che valorizza la sobrietà e l’armonia per cui, se pur mutua parte dei motivi stilistici dello stile impero, li spoglia di tutti i decori, degli orpelli e degli eccessi che lo avevano caratterizzato.

Seguendo il gusto aristocratico del tempo, ha la vera facciata nascosta agli occhi dei passanti, rivolta verso il rustico giardino all’italiana.

La sua costruzione determinò un importante intervento urbanistico nella creazione ex-novo della piazza simmetrica che ripete lo spazio chiuso del cortile interno; la strada (attuale via Borromeo), che dalla piazza porta a Cesate, costituisce anch’essa un’importante elemento di espansione scenografica dell’edificio padronale.