INDUSTRIE,
FABBRICHE E
VILLAGGI

LE GRANDI INDUSTRIE DELLE GROANE

Nei primi anni del Novecento l’insediamento dei complessi della A.C.N.A. e della S.N.I.A. di Cesano Maderno, impresse al paesaggio naturale delle Groane una forte caratterizzazione antropica non solo per I imponenza delle strutture produttive, ma anche per gli effetti che ne derivarono a livello ambientale. 

Entrambe le industrie, divenute presto interdipendenti fra loro, trassero origine dalla trasformazione delle industrie chimiche “aggressive” degli esplosivi evolvendosi in industrie di prodotti chimici intermedi per i settori della chimica organica e inorganica (settori farmaceutici, sintetici, dei solventi, delle distillazioni, dei prodotti conciari, elettrochimici e, soprattutto dei coloranti artificiali).

In campo italiano gli impianti chimici per ricerche scientifiche per scopi bellici possedevano già le materie prime necessarie per preparare prodotti intermedi come la soda caustica, il cloro, il solfuro sodico. Sotto tale denominazione si nascosero spesso grossi cartelli internazionali, soprattutto tedeschi, che portarono materia prima agli impianti della chimica organica ed inorganica.

L’enorme bagaglio di nozioni e procedimenti acquisiti nel settore della fabbricazione degli esplosivi e l’esperienza del personale tecnico specializzato spinsero le industrie con grandi capitali ad investire nell’industria chimica alla ricerca di nuovi orizzonti,     soprattutto dopo la rarefazione dei mercati tessili tradizionali (cotone e lana) e la scarsità delle materie prime (seta naturale).

 

LA NUOVA ERA DEL TESSILE: I COLORANTI CHIMICI INDUSTRIALI

L’interesse per i coloranti artificiali nel campo della produzione tessile, scoperti quasi casualmente in Inghilterra nel 1856, fece sì che tutto l’apparato produttivo del settore ricercò, con tecnologie sempre più avanzate, nuove soluzioni per la tintura dei tessuti. 

La preparazione degli intermedi ed il fabbisogno delle industrie tessili generarono una forte spinta verso soluzioni nuove e sofisticate che abbisognavano di coloranti artificiali (utili nel campo della tintura dei tessuti) e che vedevano nella lavorazione dei filati artificiali (rayon) alcune delle spinte determinanti della moderna industria. Il settore chimico trovò ben presto applicazioni in tutti gli altri settori produttivi. 

In Italia i due colossi dell’A.C.N.A. e della S.N.I.A. sfruttarono le risorse accumulate con la produzione di guerra ed entrarono nell’olimpo della produzione mondiale. La S.N.I.A. poteva contare nel 1925 su un capitale sociale di 1 miliardo di lire che la poneva al primo posto in Italia fra le Società per azioni. Da parte sua l’A.C.N.A. (già “Ditta Bonelli”) influenzò direttamente l’insediamento della S.N.I.A. (già “Società Italiana Seta Artificiale di Alberto Fassini”).  Entrambe se ne avvantaggiarono reciprocamente. 

Fu forse questa una delle ragioni fondamentali della loro localizzazione nelle Groane, l’una a fianco dell’altra; localizzazione suggerita dalla stessa natura del terreno, dalla presenza di corsi d’acqua, dalla disponibilità, soprattutto, di argilla per la costruzione e  per la      manutenzione degli stabilimenti (tutti rigorosamente in mattoni), unitamente alla grande offerta di manodopera.

 

L’A.C.N.A DI CESANO MADERNO

L’effetto di estraniazione indotto dall’imponenza e dalla dispersione delle strutture produttive dell’A.C.N A., divenuta in seguito “Pigmenti Italia”, è ancora oggi impressionante: la lunga fila di impianti scoperti e capannoni industriali è interrotta soltanto da alcuni capannoni in mattoni faccia a vista che sembrano voler “storicizzare” il complesso industriale. 

Per il resto la progressiva modernizzazione della produzione ha cancellato ogni forma di memoria storica: resta solo l’incombenza delle lunghe teorie di impianti persi nel ginepraio delle diverse funzioni produttive. Le poche case a schiera, disposte in posizione ortogonale e delimitate ad oriente da palazzotti per gli impiegati, molto più movimentati da un punto di vista architettonico quasi ad evidenziare una diversa divisione visiva della gerarchia sociale, sono le uniche testimonianze che riescono a restituire una vaga sensazione di vita reale.

La presenza dell’uomo per il resto è completamente risucchiata all’interno dei corpi produttivi. 

Nel 1918 lo stabilimento di Cesano Maderno produceva 300 tonnellate di colorante nero allo zolfo. Questo tipo di produzione affrancò l’Italia dall’importazione di coloranti artificiali stranieri per il ramo tessile. Dopo alcune fasi di incertezza causate nel 1920 dai deficit di guerra, lo stabilimento riprese decisamente quota nel 1927 con l’impianto della produzione dell’indaco.

Nel panorama produttivo nazionale scomparvero intanto le numerose fabbrichette di coloranti a tutto vantaggio dei colossi chimici, fra cui la Bonelli che nel 1929 si costituì in un nuovo gruppo sociale “Aziende Chimiche Nazionali Associate”‘ (A.C.N.A.) con capitale sociale di 200 milioni. 

Nel 1931 la stessa denominazione rimase con un’altra ragione sociale sotto il controllo della Montecatini “Aziende Colori Nazionali e Affini”. Quel periodo corrispose ad una nuova fase di grandi cambiamenti nel campo della ricerca chimica dei coloranti artificiali. Gli altri stabilimenti dell’A C.N.A. di Cencio (Savona, 1880) e di Rho confluirono intanto nello stabilimento di Cesano Maderno convertendo i propri impianti alla produzione di acetilcellulosa, colorante per tessuti misti, e raggiungendo nel 1933 i quattro quinti dell’intera produzione nazionale.

IL RAYON – LA PRODUZIONE DI FIBRE ARTIFICIALI E L’INDUSTRIA CHIMICA PARI SOLO ALL’INDUSTRIA SIDERURGICA

Se è vero che  l’economia lombarda del XIX secolo aveva nella lavorazione della seta naturale uno dei suoi punti di forza è vero anche che l’avvento delle nuove industrie legate a settori in rapida ascesa come quelli del cotone, della siderurgia e della chimica, imposero profondi cambiamenti nell’intero quadro economico. 

Ciò fu dovuto in parte alla scarsità della materia prima (seta naturale) e ai suoi mercati internazionali segnati da imprevedibili oscillazioni, legate al clima, alle malattie dei bachi da seta e soprattutto alle conseguenze economiche postbelliche. Come risultato dell’alterazione economica in corso nelle industrie tessili tradizionali, il ramo tessile fu spinto, dunque, verso la ricerca di soluzioni scientifiche inedite in grado di soddisfare sia le esigenze di produzione sia i gusti del nuovo mercato tessile. In questa prospettiva l’industria chimica divenne ben presto una delle industrie ausiliarie più importanti e trainanti del ramo tessile come fornitrice di filati di seta artificiale “rayon”. 

Il rayon era ottenuto con il procedimento per macerazione della cellulosa in una soluzione colloidale (viscosa).

Le nuove fibre artificiali furono immediatamente funzionali alle nuove esigenze del l’industria tessile in sostituzione della seta naturale divenuta troppo costosa. Il nuovo prodotto artificiale presentava caratteristiche analoghe ma assai più a buon mercato ed alla portata di tutti. Con l’industria tessile tradizionale venne mantenuto un unico punto in comune ovvero quello della tessitura; ciò spiega in parte la localizzazione degli stabilimenti dei filati artificiali ai margini dei tradizionali bacini di manodopera specializzata nella tessitura.

Nuove spinte tecnologiche e nuovi settori d’impiego dei processi chimici giustificarono, quindi, l’insorgenza di forze produttive orientate verso i mercati internazionali e non più solo verso quelli nazionali. La stessa S.N.I.A. operò in principio nei trasporti intercontinentali come “Società di Navigazione Italo-Americana” (1917 ca.)

La sua posizione nel settore fu ulteriormente rafforzata nel 1920 sotto la ragione sociale “Società dì Navigazione Industriale e Affini”. 

Lo sciopero dei minatori americani ed il conseguente “embargo” del carbone, alla luce delle nuove tendenze nel mercato internazionale del 1920-1921, orientarono la S.N.I.A. ad investire la propria esuberanza di capitali, ottenuti con i profitti dei trasporti di guerra (carbone americano), in operazioni finanziario-produttive di grosso calibro. Il controllo sulla produzione più che il diretto coinvolgimento produttivo, la ricerca scientifica ed il continuo adeguamento degli impianti, spinsero la società ad inglobare nel corso della sua fulminante ascesa guidata da uomini come Gualino e Giovanni Agnelli, tutte le altre fabbriche operanti nel settore delle fibre artificiali come la filiale italiana della “Société Francaise de la Viscose” (Torino, 1903) e la “Cine Seta” di Alberto Fassini (Padova, 1917). 

Con i suoi stabilimenti di Torino Stura, Venaria Reale, Cesano Maderno, Pavia, la S.N.I.A. contava nel 1913 su una produzione di 150.000 Kg di filati, che divennero 1.420.000 nel 1921, 10 milioni nel 1924, 17 milioni nel 1926. La produzione della seta artificiale dava la misura della vastità e dell’importanza di questo fenomeno storico-produttivo, calcolato in 1.750 milioni di lire, di cui più della metà andavano alla S.N.I.A., se paragonato alla produzione del cotone (1.200 milioni di lire). Le fibre artificiali e la produzione chimica si avviavano a ricoprire insieme ai prodotti siderurgici un ruolo fondamentale nello sviluppo delle moderne forze produttive.

LA S.N.I.A. DI CESANO MADERNO

Ispirato alle forme geometriche di un’architettura funzionale, lo stabilimento di Cesano Maderno, sorto per l’iniziativa di Alberto Fassini, fu incorporato dalla S.N.I.A. nel 1920. Il contesto naturale, marcato da ampie distese ai margini del Pianalto centrale delle Groane, faceva da contrappunto all’orizzontalità dei corpi produttivi dello stabilimento distribuiti in spazi produttivi e spazi di rappresentanza (uffici). 

All’interno del perimetro produttivo le forme squadrate dei corpi di fabbrica erano intervallate dai richiami più morbidi di alcuni capannoni interni e dalle palazzine per i dirigenti dello stabilimento, allineate lungo il viale d’ingresso della fabbrica. Dietro i monumentali portoni in ferro battuto si estendeva una vera e propria città produttiva con una rete viaria complessa. Oggi i reparti di produzione, completamente modernizzati, ricordano solo vagamente i vecchi e tenebrosi impianti di lavaggio e filatura del rayon (seta artificiale) tristemente famosi per l’esalazione del solfuro di carbonio responsabile di parecchi incidenti mortali e di malattie croniche. Il procedimento alla viscosa, in uso dal 1892, utilizzava largamente il solfuro di carbonio e l’idrogeno solforato per la produzione del rayon a fibra lunga e del fiocco a fibra corta. Questa sostanza produceva casi di intossicazione acuta per la fuoriuscita del gas tossico dalle tubature di servizio.

 

 

CESANO MADERNO. VILLAGGIO SNIA

L’effetto di estraniazione indotto dall’imponenza e dalla dispersione delle strutture produttive dell’A.C.N A., divenuta in seguito “Pigmenti Italia”, è ancora oggi impressionante: la lunga fila di impianti scoperti e capannoni industriali è interrotta soltanto dalla monotona singolarità di alcuni capannoni in mattoni faccia a vista che sembrano voler “storicizzare” il complesso industriale. Per il resto la progressiva modernizzazione della produzione ha cancellato ogni forma di memoria storica: resta solo l’incombenza delle lunghe teorie di impianti persi nel ginepraio delle diverse funzioni produttive. Le poche case a schiera, disposte rigorosamente in posizione ortogonale e delimitate ad oriente da palazzotti per gli impiegati, molto più movimentati da un punto di vista architettonico quasi ad evidenziare una diversa divisione visiva della gerarchia sociale, sono le uniche testimonianze che riescono a restituire, in un ultimo sussulto di suggestione costruttiva, una sensazione di vita reale. La presenza dell’uomo per il resto è completamente risucchiata all’interno dei corpi produttivi. Nel 1918 lo stabilimento di Cesano Maderno produceva 300 tonnellate di colorante nero allo zolfo. Questo tipo di produzione affrancò l’Italia dall’importazione di coloranti artificiali stranieri per il ramo tessile. Dopo alcune fasi di incertezza causate nel 1920 dai deficit di guerra, lo stabilimento riprese decisamente quota nel 1927 con l’impianto della produzione dell’indaco.

Nel panorama produttivo nazionale scomparvero intanto le numerose fabbrichette di coloranti a tutto vantaggio dei colossi chimici, fra cui la Bonelli che nel 1929 si costituì in un nuovo gruppo sociale “Aziende Chimiche Nazionali Associate”‘ (A.C.N.A.) con capitale sociale di 200 milioni. Nel 1931 la stessa denominazione rimase con un’altra ragione sociale sotto il controllo della Montecatini “Aziende Colori Nazionali e Affini”. Quel periodo corrispose ad una nuova fase di grandi cambiamenti nel campo della ricerca chimica dei coloranti artificiali. Gli altri stabilimenti dell’A C.N.A. di Cencio (Savona, 1880) e di Rho confluirono intanto nello stabilimento di Cesano Maderno convertendo i propri impianti alla produzione di acetilcellulosa, colorante per tessuti misti, e raggiungendo nel 1933 í quattro quinti dell’intera produzione nazionale.